GLI "ALLEATI"? VA BENE, MA DI CHI ? I BOMBARDAMENTI



I BOMBARDAMENTI DEI LIBERATORI
a cura di Mauro Franciolini
 
 
1942
    Le incursioni sulle nostre città furono compiute prevalentemente dopo l'8 settembre 1943 e cioè quando l'Italia era virtualmente "alleata" con gli anglo-americani.
    I primi attacchi leggeri si ebbero sul meridione d'Italia per opera della R.A.F. con base sull'isola di Malta.
    Le prime dure incursioni su Napoli furono effettuate dall'U.S.A.A. F. il 4 e l'11 dicembre: si trattò anche delle prime incursioni dei bombardieri americani sull'Italia. Le città maggiormente colpite furono Torino, Milano e Genova: attacchi pesanti, ma non come quelli dell'agosto dell'anno dopo. I bombardamenti sul "triangolo industriale" furono organizzati dal "Bomber Command" della R.A. F. durante la cosiddetta "offensiva di autunno". Milano subì un solo bombardamento fra il 24 ed il 25 ottobre: 470 furono gli edifici distrutti.
    Fra l'ottobre/novembre Genova fu colpita 6 volte: 1.250 edifici di vario genere furono distrutti. Fra il novembre/dicembre Torino subì 7 bombardamenti: 142 ettari distrutti di superficie edificate (70 fabbriche, 24 edifici pubblici, e circa 1.950 abitazioni). L'incursione più violenta fu quella della sera del 9 dicembre su Torino: 196 apparecchi scaricarono sulla città 147 tonnellate di bombe e 256 tonnellate di spezzoni incendiari.
    Gli inglesi impiegarono complessivamente 1.811 aerei di cui 1.477 attaccarono le città italiane scaricandovi circa 2.740 tonnellate di bombe e perdendo 31 aerei. Le vittime furono circa 1.300
 
1943
    La caduta di Mussolini in seguito agli avvenimenti del 25 luglio aveva generato in molti italiani l'illusione che anche la guerra dovesse cessare, risparmiando ulteriori lutti e distruzioni. Illusione svanita subito nella notte fra il 7 e l'8 agosto 1943 quando, Milano, Torino e Genova, subirono il contemporaneo e duro attacco della R.A. F. In quella notte, 201 tonnellate di bombe esplosive e spezzoni incendiari si riversarono su Milano, 195 tonnellate su Torino e 169 su Genova.Queste incursioni non dovevano rappresentare che un "assaggio" di quanto sarebbe successo nei mesi successivi.
    L'11 agosto un massiccio bombardamento devastò la città di Terni seppellendo sotto le macerie centinaia di vittime. Il 13 agosto anche Roma, appena dichiarata "città aperta", fu violata da circa 500 tonnellate di bombe americane che provocarono circa 2.000 morti e notevoli danni.
    La notte del 13 agosto su Torino caddero 244 tonnellate di bombe e, la notte del 17 agosto, altre 248 tonnellate. Milano, 12 / 16 agosto 1943: Il più feroce attacco che mai avesse subito, sino a quel momento, una città italiana fu quello su Milano nella notte fra il 12 e il 13 agosto: 504 bombardieri inglesi rovesciarono sulla città 1.252 tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. Due giorni dopo, nella notte del 15 agosto, 140 bombardieri inglesi scaricarono altre 415 tonnellate di esplosivi. Non era ancora finita: nella notte del 16 agosto si presentarono nel cielo della città 199 bombardieri che scaricarono altre 601 tonnellate di ordigni mortali. In quattro giorni Milano fu martirizzata da 2.268 tonnellate di bombe sganciate da 843 aerei della R.A.F. inglese. Il bilancio finale fu drammatico: 239 industrie colpite, distrutte o gravemente danneggiate, 11.700 edifici abbattuti, più di 15.000 quelli danneggiati, le centrali elettriche irreparabilmente bloccate, la rete di trasporti e di comunicazioni quasi totalmente inservibili, centinaia i morti.
    In quella prima metà di agosto 1943 caddero dunque sui centri principali dell'Italia settentrionale 3.325 tonnellate di esplosivo.Il 28 agosto furono poi bombardate Taranto, Cosenza e, a seguire, Novara, Foggia, Salerno, Crotone, Viterbo, Avellino, Lecce, Bari, Orte, Cagliari, Carbonia, Civitavecchia, Benevento.Frascati fu rasa al suolo e migliaia furono i morti. Il 1 settembre 1943 fu distrutta Pescara, città completamente priva di difesa antiaerea.
    Il "Bomber Command" della R.A.F. ed i bombardamenti sull'Italia
    Nel 1973 il "Public Record Office" di Londra rese pubblici i documenti relativi ai bombardamenti inglesi sull'Italia. Queste notizie, attestate in modo incontestabile dalle autorità inglesi, portarono a conoscenza di un piano a lunga scadenza, elaborato nei minimi particolari, che avrebbe previsto un diluvio di fuoco sull'Italia. Secondo tale progetto, gli anglo-americani avrebbero dovuto scaricare sull'Italia del nord, in un periodo compreso fra il settembre 1943 e il febbraio 1944 qualcosa come 45.000 tonnellate di esplosivo! Nella serie di tali documenti, corredati da numerose mappe raffiguranti gli obiettivi principali, fa spicco un eloquente messaggio inviato dal direttore delle "Operazioni di bombardamento", Commodoro Bufton, al direttore dei "Piani di bombardamento", Commodoro Elliot. Nello scritto, che reca la data del 29 luglio 1943, si legge anche: "Stabilita l'opportunità di attaccare l'Italia, ci proponiamo di trasportare sugli obiettivi del Nord circa 3.000 tonnellate di bombe nel mese di agosto, 8.000 tonnellate nei mesi di settembre e di ottobre e 6.500 tonnellate in ciascuno dei mesi invernali, se le condizioni atmosferiche saranno favorevoli...". I bombardamenti dell'agosto 1943 non furono quindi solo "avvertimenti" o "pungoli" per accelerare la firma di una resa, ma rientravano in un piano programmato che, come per numerose città tedesche, prevedeva la totale distruzione dei centri vitali della nazione mediante il sistema dei cosiddetti bombardamenti "a tappeto".
    Negli ultimi tre mesi del 1943 i bombardamenti terroristici anglo-americani provocarono 6.500 morti e circa 11.000 feriti, distruggendo e danneggiando migliaia di edifici.
 
1944
    Furono migliaia e non risparmiarono nessuna città. Solo nel 1944, gli anglo-americani effettuarono sull'Italia centro-settentrionale, territorio della RSI, 4.541 incursioni, uccidendo 22.000 civili e ferendone oltre 36.000. Ci fu una vera e propria "escalation" di terrificanti incursioni che non risparmiarono nessuna città e che raggiunsero una frequenza quasi quotidiana. Firenze, per esempio, subì 7 bombardamenti (di cui 5 massicci) che causarono oltre 700 morti, migliaia di feriti e la distruzione di migliaia di case, oltre che danni gravissimi al patrimonio artistico della città. Molte furono le incursioni anglo-americane particolarmente odiose e criminali. Bisognerebbe ricordarle tutte ma, a titolo di esempio, valgano queste:
    Il martirio di Treviso: La città fu selvaggiamente aggredita il giorno di Venerdì Santo e fu distrutta da un violento bombardamento che costò la vita a 4.000 abitanti.
    I "liberatori" sul Lago Maggiore: Il 25 settembre, due aerei inglesi sganciarono un grappolo di bombe su un gruppo di case di Intra provocando 11 morti e numerosi feriti. Poco dopo, gli stessi aerei mitragliarono il battello "Genova" di fronte a Baveno sul Lago Maggiore. Il battello colpito, che aveva a bordo solo civili (in prevalenza donne e bambini), prese fuoco: molti furono i morti ed i feriti.
    Il 26 settembre, aerei inglesi (probabilmente gli stessi del giorno prima) attaccarono il battello "Milano" carico di sfollati che si erano imbarcati a Laveno per raggiungere la sponda piemontese del lago. A bordo c'era anche un reparto del battaglione "M" Venezia Giulia che stava tornando alla scuola di Varese della G.n.r.: dieci di loro perirono nell'attacco.
    L'ecatombe dell'Impruneta Il 27 luglio, aerei della Quinta squadriglia del 239° stormo, appartenenti alla "Desert Air Force" (Daf), bombardarono "a tappeto" l'Impruneta. Il paese era affollato soltanto da civili inermi che speravano di aver trovato un rifugio sicuro dalle incursioni alleate. La maggior parte dei rifugiati morì sotto le bombe dei "liberatori", mentre i superstiti furono falciati dalle mitragliatrici dei "Kittyhawks" sudafricani. Il 28 luglio, un'altra incursione si scatenò contro la basilica del paese: si salvò solo il ritratto della Madonna.
    La strage degli innocenti 
    Il 10 ottobre sul rione popolare di Gorla (Milano) una bomba americana centrò in pieno una scuola: i bambini uccisi furono oltre 200. Accurati studi di storici militari hanno dimostrato con certezza che non si trattò di un errore. Per questo crimine immondo il governo americano non ha neppure chiesto scusa. 
 
RINASCITA Quotidiano del 30 Marzo 2001
 
 
I BOMBARDAMENTI IN EUROPA In breve
 
 
    I bombardamenti anglo-americani sulle varie nazioni dell'Asse hanno ucciso oltre 3.500.000 di civili: nessun processo non è mai stato intentato contro gli autori di questi crimini.
    Secondo dati ufficiali del 1945, diramati dal ministero della Guerra degli Stati Uniti, soltanto in Germania le forze aeree inglesi ed americane hanno ucciso o ferito 1.080.000 civili tedeschi, distrutto o gravemente danneggiato 3.600.000 delle loro case, con 7.500.000 senzatetto.
    E' falso e strumentale sostenere che i bombardamenti indiscriminati sulla Germania furono effettuati per vendicare quelli tedeschi sull'Inghilterra ed un' autorevole conferma proviene dallo storico inglese Peter H. Nicoll che, già nel 1946, affermava: 
    "...il primo bombardamento aereo notturno è stato fatto dagli inglesi nel maggio 1940 sull'antica città universitaria di Friburgo con nessun obiettivo militare.
    Allora venne l'avvertimento di Hitler. Se, egli disse, questi bombardamenti notturni non finiscono, noi cominceremo la rappresaglia e raderemo al suolo le città inglesi.
    Hitler attese tre mesi durante i quali le nostre incursioni notturne diventarono davvero peggiori.
    Hitler quando vide che il suo avvertimento era ignorato, e soltanto dopo tre mesi di inutile attesa, lasciò partire la sua minacciata freccia della rappresaglia...
    "E' importante ricordare che mentre furono distrutte o gravemente danneggiate città d'arte, in particolare tedesche ed italiane, né Oxford, né Cambridge e neppure Edimburgo furono attaccate.
 
 
RINASCITA Quotidiano del 30 Marzo 2001
 
 

LA FURIA DEI "LIBERATORI" SULLE CHIESE DI CORI
Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Giovedì 15 luglio 2004 su "RAITRE" - 
trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI":
Una donna ricorda:
A Cori hanno bombardato tutte le chiese perché gli americani avevano saputo che il comando tedesco si trovava in una località chiamata Santa Margherita… e loro pensavano che fosse una chiesa… per cui hanno cercato di colpire tutte le chiese del paese.
Un anziano ricorda:
A Cori hanno cercato di centrare tutte le chiese perché non sapevano quale era la Santa Margherita. E, infatti, le hanno centrate quasi tutte: San Salvatore, dove c’è tutta la famiglia distrutta di mia moglie, e Santa Caterina lo stesso… distrutta pure; e San Pietro, vicino al tempio d’Ercole, anche lì ci furono molti più morti perché la chiesa era grande: era proprio l’ora delle funzioni religiose… Non venite la domenica a bombardare! Un giorno di lavoro… in modo che in chiesa, per dire, non ci stava nessuno e tutti quei morti si sarebbero potuti salvare, insomma.
Una donna ricorda:
Per quattro mesi i morti sono rimasti là sotto… a meno che qualcuno non se li è scavati per conto suo, ma non c’erano autorità. Io penso che l’abbiano organizzato piuttosto le truppe alleate… quando sono passati gli americani che hanno organizzato queste cose.
Un uomo ricorda:
Questo lo credo ancora io! Che era un bombardamento per terrorizzare la gente: di fatti non è giustificato sia quello di Cori, come quello di Velletri il 22 e 23 gennaio del 1944… che hanno ammazzato 600 persone. Cioè, come si può giustificare… ed io parlo di popolazione civile… perché dice: "C’erano i tedeschi ai campanili, alle chiese… c’erano gli osservatori…" il che non è vero niente, no!? A Velletri che c’era!? A Velletri non c’era niente… che sta a 16/20 chilometri da qua.
 

IL 22 LUGLIO GLI ALLEATI BOMBARDARONO LA CITTA' (FOGGIA ndr) PROVOCANDO 22 MILA MORTI Agostinacchio: oggi, nel ricordo di quella tragedia, rinnoviamo il nostro impegno per la pace
Loris Castriota Skandeberg
 
 
    FOGGIA. A 58 anni dalla sanguinosa estate del 1943, Foggia celebra la memoria delle oltre 20mila vittime che hanno segnato una delle pagine più tragiche della sua storia.
    Il 75% delle costruzioni rase al suolo, 12 bombardamenti a tappeto - senza discriminazione di obiettivi - da parte delle Fortezze Volanti tra il maggio ed il settembre, episodi toccanti e atti di eroismo: un diario di poche settimane di guerra dal cielo che fece meritare a Foggia la medaglia d'oro al valor civile.
    Ancora oggi, sono poche le famiglie foggiane che non hanno pagato con la vita di un proprio caro un tributo di sangue a quelle giornate dell'estate '43.
    Una strage ingiustificata, come hanno riconosciuto, a decenni di distanza anche tanti storici inglesi che, riprendendo analisi delle azioni di guerra degli Alleati in quella tragica estate, hanno rilevato la scarsa rilevanza militare dell'obiettivo, almeno in quel periodo e in quel particolare momento del conflitto.
    Il fronte si era spostato a nord, le colonne di militari tedeschi erano ormai in marcia sulla dorsale Adriatica, e Foggia, con il suo pur importante nodo ferroviario, non alimentava più le truppe dell’Asse. E neppure i 16 aeroporti militari che erano stati allestiti con mezzi di fortuna nel Tavoliere, erano abbastanza distanti dalla città dal preservarla da incursioni dirette ad indebolire il nemico: tra l’altro, gli Alleati avevano tutto l’interesse a conservare infrastrutture che avrebbero potuto sfruttare in seguito.
    Ma Foggia andava «conventrizzata» come criminalmente disse il giorno dopo Radio Londra: le andava, cioè, restituita la sorte riservata dai bombardieri tedeschi alla cittadina inglese di Coventry che, qualche giorno prima, era stata pesantemente colpita. Con una sostanziale differenza: all'epoca, Coventry era sede di un rilevante numero di fabbriche importanti per lo sforzo bellico alleato.
    Una mera rappresaglia, dunque. Un atto di terrorismo psicologico gratuito, cinico, spietato: una politica di guerra perseguita senza la minima considerazione delle vite di inermi cittadini civili e mai un cenno della volontà di risarcire - se non materialmente - almeno moralmente una città coni gravemente colpita.
    Come ormai da due anni, anche oggi l'amministrazione comunale guidata dal sindaco Paolo Agostinacchio commemora quei tristi giorni e rende omaggio alla memoria dei 22mila foggiani caduti sotto le bombe e le macerie.
    La «Giornata della pace». Un titolo significativo per un calendario di manifestazioni che vuol diffondere un solo messaggio: pace nel mondo, mai più Terrore e l'orrore della guerra per risolvere le umane questioni.
    «Migliaia di vittime, scene ancora presenti ai superstiti, il pianto disperato dei bambini: questa fu restate del 1943 a Foggia - ha ricordato il sindaco Agostinacchio in un messaggio ai cittadini - la città ricordando le sue vittime indica quale obiettivo irrinunciabile la costante ricerca della pace. Non vendetta, ma pace: ecco il significato delle celebrazioni del 22 luglio. Dalla torre campanaria del Comune, partiranno 12 rintocchi: tanti quante furono le incursioni, fino al 6 settembre 1943. Ad anni di distanza, nessuno ha spiegato il motivo per il quale anche tre giorni dopo la firma dell'armistizio, apposta il 3 settembre sui protocolli resi pubblici l'8 settembre, Foggia fu brutalmente e terroristicamente bombardata: dato che dovrebbe essere oggetto di qualche riflessione, non soltanto in sede storica».
 
 
IL SECOLO D’ITALIA Quotidiano 22 Luglio 2001

IL MARTIRIO DI FOGGIA
Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Giovedì 15 luglio 2004 su "RAITRE" - 
trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI":
 
Elenco delle incursioni americane che nel 1943 distrussero Foggia:
28 maggio 300 vittime
30 maggio 9 vittime
31 maggio 153 vittime
21 giugno 91 vittime
15 luglio 1.293 vittime
22 luglio 7.643 vittime
19 agosto 9.581 vittime
25 agosto 971 vittime 
9 settembre 21 vittime
17 settembre 168 vittime
18 settembre 11 vittime
TOTALE 20.241 vittime
 
Nello spaventoso bombardamento del 22 luglio 1943 settantuno "Fortezze" americane, appartenenti al 97° ed al 99° Gruppo, colpirono tutta l’area cittadina. Nella terrificante incursione del 19 agosto 1943 centosessantadue "Fortezze" e settantuno "Liberators" sganciarono sulla città 586 tonnellate di esplosivo.
Un anziano ricorda:
"Il 22 luglio 1943 ci fu un enorme bombardamento che interessò l’intera città e, dopo il bombardamento, ci fu un mitragliamento su tutta l’area cittadina: specialmente nelle zone interessate da ville e giardini. Il mitragliamento non era diretto su forze armate , ma era diretto su chiunque si trovasse a camminare e, combinazione, quando effettuarono questi mitragliamenti sulle ville , nel cimitero e nella villa comunale non esistevano più depositi perché erano stati portati via già da oltre un mese… Quindi l’azione fu subita, esclusivamente, dalla popolazione civile".

GROSSETO, LUNEDI’ DI PASQUA 1943: LA STRAGE DELLE GIOSTRE
Le bombe del 301° Gruppo americano avevano già ucciso, in un paesino sardo, dei bambini all’uscita dall’asilo. Altri a Cagliari in un giorno di festa. Il Lunedì di Pasqua del 1943 l’obiettivo dell’operazione "Uovo di Pasqua color oliva" era l’aeroporto militare di Grosseto, ma il 301° fece anche 134 vittime civili e, fra queste, 27 erano bambini.
Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Giovedì 15 luglio 2004 su "RAITRE" - 
trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI":
Un anziano (soldato all’epoca del fatto) ricorda:
…il Lunedì, alle due circa del giorno, arrivarono questi aerei senza preavviso. Vedevo dei bossoli di mitraglia di quelli così… (indicando con le mani circa 15/20 cm.); poi, infatti, è stato riscontrato che, effettivamente, allora avevano mitragliato forse dall’alto, non lo so… dalla parte di qua dov’erano le giostre… e ci fu una strage eh…specialmente davanti all’ospedale militare che, poi, è vicino alla ferrovia c’erano due grosse buche: roba da matti… roba da far spavento…
Una donna (bambina all’epoca del fatto) ricorda:
L’allarme non aveva suonato, stranamente, perché suonava sempre con molto anticipo tanto che eravamo anche un po’ stufi: bombardavano Genova e… suonava l’allarme che durava tutta la giornata. E quel giorno, invece, no… Arrivammo all’angolo per andare al rifugio; mia sorella, che mi teneva ancora per mano, mi buttò a terra e mi disse: "Giù!" e io le dissi: "No! Ho il vestito nuovo della Pasqua!". Ci buttammo per terra perché mia sorella aveva visto che veniva (poi lo vidi anch’io) un aereo dal fondo della strada… che veniva molto a bassa quota e cominciava a mitragliare. Io non ho mai visto tanto sangue in quel modo: una cosa incredibile: scarpe… pezzi di piedi… i vigili che, con le sistole, stavano lavando il tutto…roba dell’altro mondo. Arrivammo in piazza del Duomo; c’era un monsignore, mi sembra si chiamasse monsignor Bianchini, che si era stracciato la veste (il paramento bianco che portava sempre) e fasciava i feriti… e erano tutti ammucchiati sotto i portici del Comune e sotto i portici… quegli altri davanti… una cosa apocalittica…
Un anziano ricorda:
Lì, a circa 30 metri da noi, dove c’era il Luna Park si sentì un grosso scoppio. L’altro mio amico che guardava di là, disse: "No! Qui eh bombardano!". Si cominciò a sentire gli urli della gente… dei bambini… più che altro erano bambini. Dal fondo di Via Cesare Battisti si vide la contraerea che abbattè un apparecchio e vidi due paracadutisti che si erano gettati.
Un uomo (bambino all’epoca del fatto) ricorda:
Vidi questo luogo di felicità dove andavamo… questa strage… questa strage immensa… In quello spezzonamento era morto il figlio del titolare del Luna Park. Questo bambino, quando successe tutto questo caos nel Luna Park, corse immediatamente dal padre. Corse dal padre… il padre lo prese in collo; in quel momento cadde un grosso spezzone: uccise il bambino e salvò il padre…
Un anziano ricorda:
Arrivai dove c’erano le giostre e cominciai a vedere bambini in terra morti… feriti. Poi, c’era un’infinità di persone che piangevano e urlavano… il sangue per terra da tutte le parti.
Una donna (bambina all’epoca del fatto) ricorda:
Sentii un gran caldo: caldo, caldo in bocca; una fiamma di fuoco in bocca e mi chiappai, così…(portandosi le braccia al petto) perché sentii un gran dolore e mi buttai verso casa; e vidi tutti i miei compagni della mia stessa età, più piccoli o poco più grandi, tutti in terra: io sola ero rimasta in piedi… Davanti al passaggio a livello sentii una voce che chiamava il mio babbo… io a tratti mi ricordo perché, qualche volta, perdevo i sensi… poi riaprivo gli occhi… non lo so: era il dottor Cambri di Grosseto. Mi chiamò, poi, chiamò il mio babbo; ci portò sotto a un sottoscala e, forse, fu la mia salvezza perché mi tamponò tutte e due le ferite: una sotto il braccio e, l’altra, nel polmone. All’ospedale vecchio di Grosseto c’erano delle grate in terra; sopra c’erano morti accatastati così: uno sopra all’altro
IL MARTIRIO DI GENOVA
 
 
    Le incursioni aeree su Genova e provincia provocarono oltre 9.000 vittime tra i civili: le donne, i vecchi e i bambini schiacciati sotto le macerie delle loro case superano in numero di quattro volte i tanto celebrati caduti della resistenza, ma per loro, morti "scomodi", resta soltanto l'oblio.
    Il simbolo del martirio della provincia è rappresentato dalla città di Recco: tra il 10 novembre 1943 e il 28 agosto 1944 fu bombardata 27 volte.Il 97% del centro abitato fu distrutto, i civili uccisi furono 126 ed alcune centinaia furono i feriti.
    L'accanimento sull'area monumentale di Genova, certo non importante da un punto di vista militare, è un'ulteriore dimostrazione della strategia terroristica che guidò i bombardamenti anglo-americani su tutta la penisola italiana.
    Per i bombardamenti dell'agosto 1943, più che lo smantellamento dei sistemi di difesa e dell'apparato produttivo, l'obiettivo immediato fu quello di "punire" un popolo che aveva osato opporsi all'imperialismo delle plutocrazie anglosassoni e che bisognava convincere col terrore a ripudiare il fascismo e ad arrendersi.
    Dal gennaio 1944 l'oggetto delle incursioni "punitive" non furono più solo le zone residenziali urbane, ma i quartieri operai, i centri industriali e il sistema delle comunicazioni dell'intera provincia: i bombardamenti assunsero quindi un carattere prevalentemente strategico.
    Al termine della guerra, anche per Genova, i danni subiti dai bombardamenti terroristici anglo-americani saranno altissimi: oltre 16.000 edifici distrutti o sinistrati, danni enormi alle industrie e gravissimi danni al patrimonio artistico della città.
    Nel corso della guerra Genova fu colpita da 86 incursioni aeree nemiche.1940: Notte dell'11/12 giugno, aerei inglesi sorvolano la città lasciando cadere bombe di piccolo calibro: è il primo bombardamento sulla città nella Seconda guerra mondiale.
    14 giugno, un attacco navale francese provoca la morte di tre persone, 12 feriti ed il danneggiamento di alcuni edifici: le zone più colpite sono quelle fra Sestri Ponente e Voltri.Notte del 14/15 giugno, aerei inglesi bombardano la città provocando un morto ed otto feriti.
    1941: Domenica 9 febbraio, alle ore 8.15, una formazione navale inglese, proveniente da Gibilterra, si presenta al largo di Genova, all'altezza del promontorio di Portofino e di lì, protetta da una densa foschia, dà inizio ad un furibondo bombardamento che dura fino alle 9.45. Piovono sulla città 273 proiettili di grosso calibro e 782 di piccolo calibro, per un totale di circa 300 tonnellate di esplosivo. Le bombe non colpiscono nessun obiettivo di carattere militare, ma causano 141 morti, 227 feriti e circa 2.500 senzatetto. Ingenti anche i danni: oltre 250 case distrutte, colpita la cattedrale di San Lorenzo, la biblioteca Berio, Via XX Settembre, larghe parti del centro e del centro storico, settori della zona collinare, gli stabilimenti dell'Ansaldo e quattro sono le navi affondate. Una bomba ha colpito in pieno la cattedrale di San Lorenzo, ma non è esplosa: oggi il proiettile è esposto all'interno della chiesa a perenne ricordo di quel bombardamento sacrilego.
    1942: Nella cosiddetta "Offensiva di autunno" sull'Italia il "Bomber Command" inglese prevede di bombardare anche Genova. La R.A.F., dalle sue basi in Inghilterra, lancia sei attacchi aerei che colpiscono duramente il centro della città. Nei primi giorni di dicembre si esaurisce, almeno per Genova, l'incessante martellamento dei bombardamenti. Nell'arco di poco più di un mese la città ha cambiato il suo aspetto: gli edifici distrutti dalle bombe sono 1.250 ed i morti sono oltre 500.Vanno ricordati anche i 354 morti schiacciati e calpestati nella ressa per entrare nel rifugio della galleria delle Grazie a Porta Soprana durante l'incursione aerea del 23/24 ottobre.
    1943: L'8 agosto, una violenta incursione dei bombardieri alleati, ancora una volta condotto con sganciamenti simultanei di bombe incendiarie e dirompenti, provoca oltre 100 morti e circa 13.000 senzatetto. Il centro cittadino risulta, anche in questa occasione, la zona più colpita: in piazza De Ferrari tutti gli edifici sono gravemente danneggiati, il teatro Carlo Felice è distrutto, violenti incendi divampano da Via XX Settembre a Via Galata, a Piazza Corvetto, a Carignano. Le chiese di Santo Stefano, della Consolazione, di San Siro sono ridotte in macerie.
    1944: Dall'inizio dell'anno i bombardamenti subiscono un incremento costante fino a raggiungere in giugno e luglio una frequenza quasi giornaliera. Nel corso dell'anno Genova subisce 51 incursioni terroristiche con un "escalation" crescente: in marzo due, in aprile sette, in maggio dieci.19 maggio, un violento bombardamento diurno provoca 111 morti e 170 feriti, in gran parte vittime del crollo dei rifugi costruiti negli edifici colpiti o sorpresi mentre cercavano protezione. Nel mese di giugno sono bombardate Voltri (73 morti), Cornigliano (93 morti) ed il porto (15 morti). Nel mese di luglio sono ancora colpite le zone portuali e Sampierdarena.In agosto Genova subisce sedici attacchi aerei, mentre il numero degli allarmi supera il centinaio: il 14 agosto le sirene suonano 9 volte, il 23 agosto 8 volte. In settembre Genova è aggredita ancora sette volte: i morti sono oltre 200 e altrettanti i feriti. Il 10 ottobre un'incursione si abbatte sulla città, ma la vera tragedia di quel giorno è il crollo della galleria rifugio di San Benigno e la morte delle oltre 2.000 persone che si trovavano nel suo interno per sfuggire alle bombe.
    1945: L'ultimo inverno di guerra non rallenta gli attacchi del nemico: nel mese di gennaio Genova è sottoposta a undici bombardamenti, in febbraio a quattro, in marzo a tre ed in aprile ad ancora sette incursioni.
 
 
Data incursione
 aerei inviati 
aerei attaccanti
 t. di bombe
 perdite
22/23 ottobre
100
180
 
0
23/24 ottobre
122
95
166
3
36/7 novembre
73
65
115
2
27/8 novembre
176
143
242
4
13/14 novembre
76
70
127
0
15/16 novembre
78
68
106
0
Totali
637
541
936
9
 
 
RINASCITA Quotidiano del 30 Marzo 2001

LA DISTRUZIONE DI CASTELNUOVO AL VOLTURNO PER ESIGENZE DI COPIONE
A volte, per rendere più impressionanti e suggestive le scene della "Liberazione" al popolo americano, i "combat cameramen" preferirono ricostruire, con soldati e delle bombe vere, delle finte battaglie. Così, dopo la distruzione di Montecassino – quando anche Roma era stata liberata – scelsero come teatro di posa un paesino del Molise: Castelnuovo al Volturno.
Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Giovedì 15 luglio 2004 su "RAITRE" - 
trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI":
Un anziano ricorda:
Il 17 giugno del 1944, quando il fronte era già lontano, affluirono a Castelnuovo soldati americani con ogni tipo di armamento e con ogni mezzo. Partì un colpo e fece saltare il campanile di Castelnuovo. Durante questa finta battaglia c’erano soldati che scavavano buche per riparo e, a un dato momento, gli fu dato l’ordine di smettere. Uno di questi buttò in aria la pala ed il picco come per dire "Ma che stiamo a fare qua!?" Da quel momento cessò tutto: i soldati si ritirarono e Castelnuovo era stata rasa al suolo. Dopo ci siamo resi conto che era solo un film di propaganda.
Un altro anziano ricorda:
Ci dissero (gli americani) dovete evacuare… dovete andare a Rocchetta al Volturno. E siamo andati a Rocchetta. Mentre stavamo a Rocchetta al Volturno hanno fatto una finta guerra e si sono anche vestiti da tedeschi… Io ho parlato con delle persone, qui a Castelnuovo, che hanno delle famiglie, dei parenti in America che hanno visto questo film: il film del bombardamento di Castelnuovo.

Il velivolo e i resti del pilota individuati con il sonar. "Poteva buttarsi con il paracadute, ma il suo caccia sarebbe finito sulle case"
TROVATO L'AEREO DELL'EROE CHE DIFESE PARMA Affrontò cento bombardieri: colpito, andò a schiantarsi lontano. "Lo cercavamo da mezzo secolo"
Trascritto dalla cyberamanuense Aurora Sacco Efiandro
 
 
    PARMA - Dal Diario di guerra del comando aereo tedesco in Emilia, pagina del 25 maggio 1944: "Ore 13.30: presso San Prospero, 7 chilometri a sud di Parma, precipitato un Macchi 205. Macchina al 100 per cento irrecuperabile. Pilota probabilmente carbonizzato. Lancio con paracadute non osservato". Il luogo non è molto cambiato da allora: campi di grano e margherite, qualche cascina isolata, campane lontane; una gran pace. E in questo stesso luogo, 56 anni e 4 mesi dopo, conficcato a sette metri sotto il prati che l'ha tenuto nascosto finora, ieri è stato ritrovato l'aereo di cui parlava il rapporto tedesco.
    Il motore, parti di fusoliera crivellate di proiettili, i monconi dei cannoncini, i nastri semicarichi delle mitragliatrici, prima scovati da un sofisticato "metal detector", poi rubati alla terra da una scavatrice. Tutto odorava ancora di benzina.
    E dentro l'abitacolo di guida, che era incastonato in un blocco di terriccio bruno; le cartine della rotta perfettamente leggibili, frammenti di parabrezza, il sedile corazzato; attaccato al quale, come da regolamento, c'era quel paracadute mai usato. Poi qualcos'altro è emerso, dalla terra, che ha fatto ammutolire la piccola folla intorno: un portafoglio, un pettinino nella sua custodia, un fazzoletto, uno stivale, il collo di pelliccia di un giubbotto; i frammenti di una sciarpa, di una tuta militare, di una cuffia di pelle; e i pochi resti di un corpo giovane. Il pilota VITTORIO SATTA; 24 anni, tenente della prima squadriglia "Asso di bastoni", primo gruppo caccia dell'aeronautica della Repubblica sociale italiana. L'uomo che nessuno, qui, ha dimenticato.
    Perchè nella tarda mattinata del 25 maggio '44, in centinaia, da terra, avevano prima guardato il Macchi levarsi insieme con una decina di caccia italiani e tedeschi, contro 100 bombardieri angloamericani piombati su Parma; poi, già colpito dalle mitragliatrici nemiche, lo avevano visto manovrare per allontanarsi dalle case della città, e infine puntare quasi in picchiata su una zona deserta: San Prospero, dove a primavera i prati sono morbidi, acquitrinosi:"Perciò quell'aereo sprofondò tanto - racconta un contadino della vicina cascina Bianchi - io allora avevo sei anni e mezzo, ma lo ricordo come fosse ora perchè vidi tutto da pochi metri; lui che viene giù ancora inseguìto e mitragliato dall'aereo americano, i rami di quell'albero là che saltano per aria sbriciolati, il botto nel prato; e un secondo prima, la testa del pilota che si reclina sui comandi".
    I rapporti dell'epoca fissano l'ora di inizio del combattimento alle 12.50. E parlano di 100 bombardieri "Liberator" scortati da 40 caccia "Lightning", che arrivano sulla città a una quota di circa 6.500 metri. Li contrastano quei pochi caccia Macchi 205 italiani, e Stukas tedeschi. Il duello che segue è lungo e feroce, nonostante la disparità delle forze. Ha un risultato: quello di ritardare il bombardamento della città e di limitarne le conseguenze. Verso le 13.15 ci sono solo tre apparecchi italiani che continuano a duellare. Ancora pochi minuti, e l'ultimo testimone della tragedia sarà il bambino della cascina Bianchi.
Il capo-formazione dei Macchi è Luigi Gorrini, che poco tempo dopo sarà decorato con la medaglia d'oro al valor militare. "Vittorio era proprio dietro di me - racconta oggi, ai bordi dello scavo, con gli occhi lucidi - gli avevo detto di non staccarsi dalla mia coda. Invece, io a un certo punto "svincolai" (cabrai, ndr) di lato perchè avevo visto sopra di noi i vapori di condensazione dei caccia nemici. Subito dopo mi voltai cercando Vittorio, e non lo vidi più. Era andato dritto, di nuovo verso di loro. Erano in troppi, lo beccarono. Ma lui era fatto così. Lui aveva qualcosa di speciale, dentro". 
    Del coraggio di quell'italiano raccontò anche l'avversario che lo aveva colpito, il tenente americano Jack D. Lewis del trentasettesimo "Fighter Squadron". Avrebbe potuto salvarsi con il paracadute, il pilota del Macchi, e invece scelse di non farlo. Fu per questo, che diventò un eroe per i parmigiani: quando si celebrarono i funerali - quasi "simbolici" poichè sotto i bombardamenti quotidiani era stato trovato solo qualche frammento del relitto - si raccolse una gran folla, con decine di corone di fiori. Anche se il caduto non era uno del posto - era di origine sarda, la sua famiglia viveva in Liguria - e anche se vestiva un'uniforme, quella della Rsi, non certo amata nell'Emilia-Romagna "rossa".
    Dai vecchi ai giovani, la memoria si è tramandata per oltre mezzo secolo. Nei giorni scorsi, la "Gazzetta di Parma" ha dedicato ampio spazio alle ricerche dell'aereo. E ieri diverse persone si sono recate sul posto per assistere alle operazioni di scavo, condotte dalle mani esperte e delicate dei ricercatori del Gruppo "Agmen Quadratum". Contadini, giovani, gli ultimi anziani commilitoni di Satta: Gorrini, Vezzani, Ruzzin, due o tre altri. Sono stati loro, per decenni, a cercare caparbiamente il compagno. "Per amicizia, ma non solo", raccontano. "Perchè lui lo meritava davvero; era uno coraggioso, riservato, pieno di dignità, ma soprattutto un carattere profondo, con un senso tutto suo del destino. E questa, per una volta tanto, non è retorica. Questo era proprio l'uomo Vittorio. Basta leggere ciò che ha lasciato scritto..."
    Dal buio del passato, come l'aereo sepolto, riemergono infatti diari e lettere del tenente pilota, conservati dal fratello Paolo, dal cugino Mario - Ieri c'erano anche loro, accanto allo scavo - e dagli amici più cari. E a rileggerli oggi, dipingono una personalità davvero singolare. Uno che, mentre quasi ogni giorno si leva in volo per combattere, continua a tuffarsi nei libri come un matto, quasi sappia che il suo tempo è contato: "Ho ripreso Dante - si legge in un taccuino del 1944 - e l'ho rivisto quasi tutto; vari altri libri, di ogni genere. Necessità di sviluppare le più nobili qualità dell'animo e ricercare il bello. Individuarne l'essenza e perennemente desiderarlo come scopo di vita. Scopo lontano, direzione, non meta". Uno che pur non essendo un fanatico fascista - mai una parola di elogio del regime, nelle sue carte - dopo l'8 settembre '43 risale dalla sua base in Sicilia tutta la penisola, con il suo caccia, unendosi alla Rsi perchè considera l'armistizio un tradimento dell'alleato: ha deciso, scrive, "di arrivare fino all'ultimo sacrificio di me stesso pur di riabilitare agli occhi del mondo l'onore del nostro popolo. Quel poco che le mie forze potranno fare lo farò tutto". A 5 anni, raccontano i diari, Satta era rimasto orfano della madre, e questo aveva innestato nella sua vita una vena di malinconia che non lo avrebbe mai più abbandonato: "Tutta la sua giovinezza era trascorsa nella ricerca ansiosa di se stesso - scrisse di lui un cugino, Salvatore Piras, che un giorno sarebbe diventato uno dei più noti giuristi della Sardegna - una ricerca tormentosa della sua via, della sua sorte, che sentiva diversa da quella comune e piatta di tanti".
    Ma c'era anche quel senso del destino che i compagni ricordano oggi; se dalla morte nasce la meditazione, scrive Satta commemorando un commilitone appena caduto, questa si risolve talvolta "in una serena calma, una calma assoluta, statica...allora la morte perde i suoi attributi di crudele falciatrice, di orrenda Parca, per esserci quasi amica, "sorella morte". Così, quando ho saputo della morte del compagno, il mio animo non è stato travolto...mi sono invece sentito portare anch'io stesso in un mondo dove vagano gli spiriti nobili dei morti; e talvolta, per attrazione e per conquista, quelli dei vivi". Passano altri mesi di guerra. Poco tempo prima della fine, colpito in un duello, Satta si lancia con il paracadute e si salva, guadagnandosi un po' di ferite e anche la croce di ferro. In ospedale, insiste per tornare subito in volo. Maggio '44, ultime righe del diario: "Con la primavera la natura si è svegliata... i miei sensi attivi riprendono a respirare...Le sensazioni sono del tutto spirituali e mi riconducono alla grande madre, alla natura... anche se giungo allo spirito attraverso il peso delle mie spoglie, Dio stesso sembra immanente in questa ripresa di vita, in questo ardore che è tutto il mondo intero: un Dio infinito, fecondo, che vorrà perdonare le mie esuberanze". Poche ore dopo, la caduta fra i campi. Poi i 56 anni nel buio. Fino a ieri.
 
 
CORRIERE DELLA SERA Quotidiano del 1 ottobre 2000

RICORDIAMO I PICCOLI CADUTI DI GORLA
Fulvio Farba
 
 
    Esiste, a Milano, una collinetta artificiale, denominata Monte Stella, costruita con oltre un milione di quintali di macerie, recuperate da tutti i settori della città rasi al suolo dai bombardamenti terroristici anglo-americani.  Una parte di dette macerie proviene dalla distruzione di due istituti scolastici superiori, di sei scuole elementari e cinque materne completamente atterrati, ma anche da altri trentacinque edifici scolastici danneggiati in città, mentre altre centoventicinque scuole, di ogni ordine e grado, vennero distrutte in provincia. Fra le scuole elementari distrutte, una è particolarmente ricordata dai milanesi, quelli meno giovani, quelli che la guerra l'hanno vissuta nella metropoli, ed è la scuola di Gorla, della quale vogliamo ricordare la triste sorte.
    Era una giornata limpida, tersa, allora non c'era lo smog, e -incredibile a dirsi- dalla piazza del Duomo si riusciva a vedere la cerchia delle Alpi, quella del 20 ottobre 1944, allorché una formazione di circa quaranta quadrimotori americani del tipo B 24 e B 27 comparve nel cielo della città, contemporaneamente al suono delle sirene d'allarme. E sulla verticale di Gorla, che allora era un sobborgo periferico e non un quartiere incorporato nella città come oggi, gli aerei sganciarono il loro carico. Puro terrorismo, volontà di inserire su un popolo ormai in ginocchio, nonostante ancora oggi ci sia chi sostiene la tesi che le bombe erano destinate alla stazione ferroviaria di Greco, che si trova in zona, ma che era facilmente identificabile, ed anche attaccabile senza pericolo, data l'inesistenza di ogni reazione da parte della caccia italo-germanica.
    Nella zona attaccata si contarono 635 Vittime, o almeno furono recuperati 635 corpi, forse potevano esserci stati altri esseri umani che, letteralmente dilaniati dalle esplosioni, non vennero mai rinvenuti. Fra gli edifici centrati in quella tragica mattina ci fu la scuola elementare Francesco Crispi: fu letteralmente polverizzata.  Centonovantaquattro bambini, la loro direttrice, quattordici maestre, un'assistente sanitaria e quattro bidelli furono travolti. Quattro soli bambini, una femminuccia e tre maschietti (Annamaria, Giuseppe, Remo e Gabriele) si salvarono e furono estratti dalle macerie. Occorsero tre giorni per ritrovare e recuperare i corpi delle vittime della scuola, tre giorni in cui Vigili del Fuoco, militari dell'U.N.P.A., soldati italiani e tedeschi, uomini della G.N.R. e operai in tuta, magari partigiani, certamente antifascisti, lavorarono fianco a fianco, senza risparmiarsi, unitamente ai genitori dei bambini, ed ai parenti, disperati, ma sempre speranzosi, nell'illusione di trovare qualche superstite. Chi lavorava e piangeva, chi lavorava e pregava, chi malediceva e bestemmiava Dio, che aveva permesso una strage di bambini senza colpa né pena. Oggi, al posto della scuola, sorge un monumento funebre, una madre con un bimbo in braccio, inginocchiata, come se offrisse al Cielo quella sua creatura, e sotto al monumento c'è l'Ossario, dove sono conservati i resti dei piccoli Caduti, e degli adulti che erano con loro.
    Ogni anno, una piccola cerimonia celebrativa riunisce chi non ha dimenticato; sono presenti le Autorità locali ma nessun papavero, sino ad oggi, è venuto mai da Roma, nessun politicante della prima repubblica ha mai partecipato ufficialmente. Non occorre chiedere il perché quei morticini sono scomodi, hanno avuto il grande torto di farsi assassinare dagli Alleati liberatori e non dai biechi oppressori nazifascisti!
 
 
NUOVO FRONTE  N. 157. Ottobre 1995 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)


LE STRAGI DIMENTICATE: LAGO MAGGIORE, SETTEMBRE 44. CADUTI CIVILI E MILITARI NEL MITRAGLIAMENTO "ALLEATO" DEL BATTELLO MILANO
Adriano Rebecchi
 
 
    La furia della Guerra, sotto forma di strage terroristica contro civili indifesi, si abbattè sul Lago Maggiore nel settembre 1944.
    La mattina del 25 settembre due aerei inglesi sganciarono un grappolo di bombe su un gruppo di case di Intra (il Cassinone), causando 11 morti e numerosi feriti. 
    In quella zona non vi erano obiettivi militari ma soltanto abitazioni civili. Poco dopo gli stessi aerei mitragliarono il battello «Genova» di fronte a Baveno, che aveva a bordo solo civili, in prevalenza donne e bambini, causando numerosi morti e feriti.
    Il giorno successivo gli aerei attaccarono il battello «Milano», anch'esso carico di sfollati che si erano imbarcati a Laveno per raggiungere la sponda piemontese del lago. Solo per caso, a bordo, c'era un reparto del battaglione «M» Venezia Giulia che stava tornando dalla scuola di Varese della G.N.R.
    Il battello ripetutamente mitragliato si incendiò e, dopo essere andato alla deriva di fronte alla Punta Castagnola di Verbania, affondò.
    Morirono 10 militi dei battaglione «M» Venezia Giulia ed un numero imprecisato di civili. Numero imprecisato, perché alcuni corpi non furono recuperati in tempo, prima che il battello affondasse. I loro resti sono stati fotografati sul relitto del battello ritrovato cinque anni fa.
    Gli attacchi aerei sul lago non furono quindi errori di guerra, ma vere e proprie stragi terroristiche, fatte per fiaccare ed esasperare la popolazione e, forse proprio per questo, messe ipocritamente nel dimenticatoio.
    Crediamo sia giunto il momento che le supreme cariche dello Stato, le quali un paio di anni fa si degnarono di far sapere che erano spiritualmente vicine alla cerimonia indetta ogni anno dall'UNCRSI, dal Comitato Caduti Battello Milano e dalla Federazione del Movimento Sociale intervengano per svegliare le coscienze distratte ed addormentate delle Autorità Civili e Militari, locali e nazionali.
    Infatti, sono stati trovati i miliardi per edificare a Fondotoce di Verbania la Casa della Resistenza, è sperabile che si trovino pochi milioni necessari per recuperare e dare onorevole sepoltura ai civili italiani unicamente colpevoli di non essere morti per mano tedesca o fascista.
 
 
L'ULTIMA CROCIATA N. 7. Novembre 1996 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

IMPRUNETA: LA POLEMICA Bombardamento alleato. Oltre cento martiri dimenticati da tutti
IL RICORDO: Solo un'omelia nella cattedrale semideserta
IL FATTO: Due incursioni, ma i tedeschi si erano ritirati
Leandro Giani
 
     IMPRUNETA - Ventisette e ventotto luglio 1944, 27 e 28 luglio 1998. Cinquantaquattro anni per dimenticare ed essere dimenticati. L'olocausto dei cento imprunetini falcidiati nel corso degli inspiegabili bombardamenti aerei alleati che si abbatterono sull'Impruneta oltre mezzo secolo fa, è divenuto riferimento superfluo se non inutile di una delle tante tragedie causate dall'ultima guerra mondiale. Nessuno si è preso la briga morale di ricordarlo. Non lo ha fatto l'Amministrazione comunale, non lo hanno fatto gli enti e le associazioni che ne avevano il dovere e la possibilità e tutto si è esaurito in un “passaggio” pietoso di un’omelia pronunciata dal prete in una Basilica semideserta. Quella stessa Basilica che da quelle bombe fu rasa al suolo e fra le cui rovine, il 15 agosto del 1944, si aggirava commosso anche Frederick Hartt, famoso storico dell'arte americano, il cui commento emblematico di un evento che nessuno è riuscito a spiegare: “Solo uno storico militare che possa accedere a tutti i documenti dell'Aviazione - disse - potrebbe chiarire i motivi dei due attacchi aerei americani sulla città di Impruneta, dopo che i tedeschi se n'erano andati”.
    Il “mistero” permane, ma i fatti parlano.
 
Giovedì 27 luglio '44.
   Aerei della 5a squadriglia del 239° stormo bombardarono a tappeto l'Impruneta. Appartenevano alla Desert Air Force (Daf), gli stessi che avevano operato nei deserti africani contro l'aviazione e le truppe di Rommel e di Graziani. La gente aveva trovato precario rifugio contro i cannoneggiamenti dei giorni precedenti ed era quindi impreparata ad attacchi aerei: morirono in tanti, come topi, nella tinaia del Fusi in via Mazzini, nella carbonaia di Granchio in via Cavalleggeri, nella cantina del Bar Centrale in piazza Buondelmonti. Altri morirono falciati dalle mitragliatrici mentre fuggivano per le vie del paese. Cinque minuti dopo iniziò la seconda ondata di morte per mezzo dei famigerati Kittyhwks sudafricani. Le bombe centrarono stavolta anche la Casa del Fascio in via Cavalleggeri, causando altri morti. 
 
Venerdì 28 luglio '44.
    Un’altra squadriglia piomba sul paese. L’obbiettivo stavolta è racchiuso nell'area di un kmq. E, alle 13,45 di quel giorno, questo viene centrato in pieno: si trattava della Basilica. Polverizzata. Rimasero in piedi solo il porticato che si affaccia sulla piazza, la facciata e parti consistenti delle mura perimetrali. Solo l'Immagine della Madonna restò miracolosamente illesa nel prezioso Tabernacolo. E, come quattro secoli prima era stata “traslocata” a Firenze dagli imprunetini in fuga per l’arrivo in paese delle truppe spagnole, l’episodio si ripete. Tornerà all’Impruneta solo nel 1947. Per chiedere di non dimenticare.
 
 
La Nazione Quotidiano del 13 Agosto 1998

 DUELLO AEREO NEL CIELO DI SANT’ANDREA. UN RICORDO CHE DIVENTA STORIA
 
 
 
 
    Il duello aereo rimane impresso nella mente dì Mario Fontanelli che all'epoca ha nove anni.
    Dalla sua casa di collina sul versante certaldese assiste, con la curiosità dell'età, alla scena nel cielo di Sant'Andrea a Gavignalla, poche centinaia di metri dal suo balcone naturale.
    Il duello aereo, il corpo del pilota adagiato su una scala di legno per il trasporto al cimitero di Gambassi, l’omaggio dei fiori imbutiformí rosso arancio della Bignonia rampicante all'angolo del rustico, la mamma del pilota che parte da Fehring nella Stiria in Austria per piangere su questa tomba, sono ricordi che non si cancellano.
    Certe impressioni ed emozioni dell'infanzia restano indelebili nell'anima. Risvegliarle, poterle accarezzare è un desiderio umano di nostalgia. Un ritorno al dolore come spiega la parola? No! è il desiderio di rivivere un ricordo di un'età in i tutto è sogno e tutto è magia.
    La fiaba ha ripreso colore.
    Mario Fontanelli, oggi cinquantottenne, stimato produttore di spumante con l'antico metodo Champenois, viticoltore, ma anche cultore con la moglie Lidia, della storia nella terra natia, si è voluto levare uno sfizio. Ritrovare la famiglia di Hansl. Dal podere delle Bronconaie di Gambassi, attraverso quelle vie percorse con la formula dell’apriti sesamo " è approdato a Kazdorf, 50 chilometri da Fahring dove ha trovato Heìyried, fratello di Hansl, con la moglie e la fìglia. Una storia che ha creato un vincolo di amicizia attraverso quelle misteriose vie del destino.
 
 
ACTA N.3 Settembre-Novembre 2001 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

VI PRESENTIAMO "PIPPO" Il misterioso aereo notturno sulla R.S.I.
Nino Arena
 
 
Sveliamo le caratteristiche del famigerato velivolo che, con le sue incursioni, turbò il sonno dei civili del nord Italia e creò non pochi problemi ai comandi italo-tedeschi.
Era diventato un'ossessione, un rompiscatole insopportabile, un pericolo costante, anche se la gente aveva finito per abituarsi alle sue scorribande notturne e lo aveva "affettuosamente" battezzato "Pippo". In realtà faceva soltanto il suo dovere di aereo disturbatore, col compito di tenere in allarme tutto il nord Italia, ma chi ha vissuto il ciclo storico della RSI, non può dimenticarlo poiché non c'era notte in cui il nostro misterioso disturbatore non facesse la sua apparizione lasciando ovunque il suo biglietto da visita: 18 luglio '44-bombe su Varazze, 19 agosto-un autocarro mitragliato vicino Busalla, 12 settembre-sul ponte dell'Orco scoppia una bomba nei pressi di Chivasso, 20 novembre-autoveicolo in fiamme fra Susegana e Conegliano, 16 gennaio 1945-bombe su Brescia vicino alla Wuhrer, Cinisello Balsamo e Mantova, 28 marzo-camion mitragliato nottetempo vicino Codigoro, 6 aprile-attacco notturno ad una corriera vicino Fidenza, tanto per citare alcuni casi delle numerose malefatte attribuite a "Pippo", su cui molti ricamavano misteriose vicende e imperscrutabili collegamenti su taluni avvenimenti di cronaca locale.
Ovviamente ad ogni segnalazione si abbinavano danni a edifici, autoveicoli, fabbriche, manufatti stradali, incendi, distruzioni, incidenti e con tali notizie le inevitabili liste di morti, feriti civili e militari. "Pippo" era imprendibile, scorrazzava ovunque, era diventato una leggenda popolare. Personalmente ricordo alcuni episodi legati a "Pippo". Alcune bombe cadute vicino alle officine Tosi di Brescia, dirette forse sulla scuola in cui alloggiavamo; due autocisterne di carburante parcheggiate sotto gli ippocastani di viale Rebuffone di Brescia, "centrate" e incendiate da "Pippo" (soffiata della resistenza?), un mitragliamento notturno sulla statale fra Sacile e Pordenone sull'autocarro che ci precedeva e un nastro di mitragliatrici caduto fragorosamente dal cielo sulla strada fra Peschiera e Desenzano.
Ma ricordo anche di aver superato un autocarro in fiamme con morti e feriti sulla strada statale 15 (dopo un passaggio di "Pippo" mezz'ora prima).
Poi finì la guerra, ci fu il dopoguerra e la leggenda di "Pippo" finì nel dimenticatoio, anche se rimase sempre in me il desiderio di sapere chi era e cosa doveva fare. Passarono altri anni, divenni più esperto di problemi aeronautici, mi specializzai in ricerche storiche e finalmente riuscii a sapere tutto (o quasi tutto) sul famigerato aereo notturno; ed oggi vi presento l'esito di quelle ricerche.
All'epoca - 1944/45 - l'aviazione alleata nel Mediterraneo - la MAAF - disponeva di 4.500 aerei di 1a linea-bombardieri, assaltatori, caccia-bombardieri, caccia e dominava numericamente i cieli del nord Italia. Le incursioni diurne erano affidate all'USAAF, mentre la RAF inglese si era specializzata in missioni notturne con largo uso di artifizi illuminanti con paracadute, lanciati da speciali aerei segnalatori: i Pathfinder, che anticipavano l'arrivo dei bombardieri sul bersaglio (target) lo individuavano, lo segnalavano con bengala di vario colore e particolare significato: inizio bomber area, delimitazioni corridoio laterale, sentiero d'ingresso, zone pericolose da evitare, fine zona del bombardamento. Tutto ciò facilitava l'arrivo della formazione d'attacco, degli aerei bengalieri che scaricavano centinaia di artifizi luminosi e i bombardieri scaricavano sul target il loro carico mortale.
In tal modo la missione veniva di molto facilitata e l'esito garantito in elevata misura. Poi gli aerei tornavano alle loro basi nel sud Italia e la zona ritornava nella normalità (relativa), l'attività riprendeva, arrivavano i soccorsi, venivano sgombrate le zone colpite, affrontati i danni, ripristinate le normali incombenze per il proseguimento della vita civile. Sarebbe stato possibile perpetuare invece uno stato di allarme prolungato? Questo quesito passato alla MAAF venne preso in considerazione col progetto di impiegare aerei disturbatori notturni, prolungare sino al mattino il clima di allarme, dare in consegna all'USAAF la situazione della notte, riprendere gli attacchi diurni, arrivare a sera e affidare nuovamente alla RAF il compito successivo, e così via fino al giorno seguente, in un prolungarsi di missioni ininterrotte che dovevano stancare il nemico, innervosirlo secondo i dettami del Psycological Werfare Services, molto usati dagli alleati nella Seconda guerra mondiale.
Il progetto e i compiti assegnati al nuovo servizio di disturbo notturno, erano in verità piuttosto limitati ed avevano aspetti pratici tenendo costantemente in allarme il dispositivo difensivo italo-tedesco del nord Italia, colpire il traffico notturno (a causa della preponderante presenza USAAF di giorno era praticamente impossibile circolare tranquillamente), provocare nervosismo e difficoltà al traffico militare che veniva svolto principalmente di notte.
Durante il giorno, coppie di caccia-bombardieri americani del tipo P.47, P.38 e P.51 sorvegliavano tutti i settori del nord Italia, attaccavano il traffico sulle strade, colpivano indiscriminatamente treni, tramvie, autobus, vaporetti lacustri e di piccolo cabotaggio, veicoli isolati, carri agricoli, non disdegnando i gangster's volanti di attaccare persino ciclisti, con un sadico e disumano divertimento. Decine e decine gli episodi di attacchi a mezzi pubblici e battelli sul Garda, Iseo, Maggiore e Como con centinaia di morti innocenti (solo a Chioggia 300 gli annegati sul vaporetto per Venezia). Di conseguenza il grosso del traffico militare (e civile) riprendeva nottetempo e tale constatazione offriva agli aerei disturbatori ottime possibilità d'intervento, nella speranza di provocare il blocco veicolare diretto verso la "Gotica".
Approvato il sistema, la MAAF studiò con quali tipi di aerei si poteva realizzare il servizio, e la scelta, dopo un accurato studio delle caratteristiche tecniche, cadde sul bimotore Bristol Beaufighter, dotato di due motori da 1.400 HP, 1.900 Km. di autonomia (circa 5 ore di volo) armato con 4 armi da 20 mm. e 6 mitragliatrici cal. 7,7 mm., con velocità attorno ai 510 Km./h e 2 persone d'equipaggio: un ottimo velivolo, collaudato da 4 anni di servizio, affidabile, soprattutto con la versione Mk. X dotata di motori potenziati, aumentata autonomia (6 ore di volo) e bombe per 1.200 Kg.
Erano state considerate sufficienti 5 coppie di aerei suddivisi fra Liguria, Piemonte, Emilia, Lombardia e Veneto per assicurare la copertura del nord Italia fra le ore 22.00 e le 05.00, per tenere in allarme l'intera zona.
I due caccia della coppia potevano offrire reciproco aiuto in caso di necessità, pattugliavano longitudinalmente e trasversalmente i settori loro affidati, si tenevano in contatto radio fra loro e con la guida-caccia scambiandosi le novità.
Praticamente erano indisturbati considerando l'assenza di caccia notturni tedeschi, il silenzio delle difese c.a. (solo le mitragliere potevano reagire a bassa quota se venivano avvistati), disponevano di disturbatori Windows (finestre) per accecare i radar e poiché agivano isolati la loro presenza non meritava l'intervento della Flak con cannoni pesanti.
Resta ora da accertare quali apparecchiature utilizzavano per svolgere il loro compito, poiché gli avvistamenti non erano soltanto occasione di fortuna (peraltro limitati a notti di luna piena o per particolari facilitazioni ottiche) giacché la luminosità naturale aveva limitata importanza nelle missioni e non costituiva aspetto fondamentale di servizio, ma il frutto di sofisticate apparecchiature tecniche e scientifiche, che permettevano, attraverso la visione su schermi ottici, di controllare in qualsiasi condizione di tempo e luminosità: luna coperta, nebbia, foschia, tappeto nuvoloso a bassa quota, cosa avveniva nella zona sottostante, chi vi transitava, che tipi di veicoli transitavano.
Gli aerei muniti di apparati A.I. (Air Interceptor) con antenna tipo Yagi (poi sostituita con altro modello rotante a parabola), di apparato PPI (Plan Position Indicator) che segnalava l'esatta posizione del velivolo per l'assistenza alla Guida Caccia e la presenza eventuale di aerei ostili. 
Nel 1945 ai Beaufighter si affiancava il più moderno bimotore Mosquito (con 610 Km./h di velocità, due motori RR da 1.250 HP, 4 armi da 20 e 4 da 7,7 mm., autonomia Km. 1.900, circa 4 ore e mezzo di volo). I reparti che ebbero in dotazione i due tipi di aerei erano gli Squadroni 252°, 153°, 157°, 255° e 600° che alternativamente fornirono le coppie di NF per la sorveglianza notturna. Migliorò anche l'A.I. con la versione Mk. VIII e furono installati anche apparati di produzione USA SCR. 270. Oltre a questi apparati per l'avvistamento, l'identificazione, la posizione e la presenza di eventuali aerei in volo nella zona, i disturbatori avevano il rivoluzionario apparato H2S, un impianto in grado di avvistare a terra veicoli in movimento con particolare differenziazione fra ostacoli fissi e mobili, e quindi in grado di controllare le strade di grande comunicazione, le ferrovie, la navigazione lacustre, e con cui era possibile effettuare le missioni di disturbo notturne, con una visione panoramica del terreno sorvolato in qualsiasi condizione di visibilità o di copertura per nubi. L'apparato si chiamava H2S (la sigla non indicava alcuna funzione specifica ma era di semplice fantasia per stornare attenzioni e curiosità e tutelare il segreto) anche se i tedeschi vennero in possesso dell'apparato trovato intatto su un aereo abbattuto e chiamato in codice Rotterdam.
L'ideatore dell'H2S era il professor Dee che aveva utilizzato un tubo elettronico ideato dai proff. Randall e Boot Magnetron, realizzando uno schermo visivo con 10 Km. di diametro esplorabile. Una antenna rotante situata in una cupoletta in plexiglas posta nella zona inferiore della fusoliera, permetteva, volando, di controllare il terreno sottostante, i rilievi orografici, le caratteristiche e i percorsi dei fiumi e delle infrastrutture esistenti. L'operatore doveva soltanto accertare se le caratteristiche del terreno sorvolato corrispondevano a quelle della carta di navigazione scorrevole, per avere la certezza di trovarsi sul punto esatto, individuare eventuali bersagli e provvedere a segnalare al pilota la rotta, le correzioni da apportare e azionare successivamente le armi di bordo (o sganciare le bombe) al momento giusto. L'apparato H2S, inserito in una cassetta blindata, aveva una carica esplosiva con congegno autoesplodente per impedire che cadesse intatto in mani nemiche. Altro utile accorgimento usato quando l'aereo veniva inquadrato dai radar della difesa: Freya, Wurzburg, Riese, consisteva nel seminare in cielo sottilissime e leggerissime striscioline di stagnola (le cosiddette Windows) che galleggiavano a lungo ingannando l'onda di emissione e dando agli operatori a terra false indicazioni di quota e direzione, permettendo all'aereo di sgusciare indenne in altra direzione e a quota diversa. Un inganno che i tedeschi riuscirono poi ad annullare col sistema di slittamento della frequenza d'emissione. Il possesso di tutte queste attrezzature, apparati e sofisticate macchine scientifiche, permetteva a "Pippo" di fare con grande sicurezza il suo servizio di disturbo, scorrazzare impunemente nel nord Italia, colpire quasi sempre senza rischi aggiuntivi e infine rientrare alla sua base.
Sul finire del 1944 giunse in Italia il nuovo caccia notturno USA: il P.61 bimotore della Northrop, meglio conosciuto come vedova nera per via della sua colorazione. Disponeva di due motori P.& W. da 2.000 HP, velocità di 590 Km/h e autonomia di 2.850 Km. (pari a 6 ore di volo), armato con 4 armi da 20 mm. E 4 da 12,7 mm. e 1.500 Kg. di bombe. Si trattava del più moderno velivolo realizzato specificamente per la caccia notturna, attrezzato con radar sofisticati tipo SCR. 270 e SCR. 729 per la scoperta e l'intercettazione, apparato elettronico di tiro mod. RA. 90/BC. 1.148 e visualizzatore di controllo BC. 1.151. Con tre uomini d'equipaggio, poteva svolgere missioni in assoluta tranquillità al punto che, anche l'USAAF, volle tentare di imitare gli inglesi della RAF, attuando analogo servizio di disturbo e sorveglianza notturna, ma la sua attività si limitò ad alcuni voli di prova e ad alcune missioni senza particolari esiti prima della fine del conflitto.
Rimaneva "Pippo", l'inimitabile, il rompiscatole per eccellenza, l'aereo che impediva il sonno e turbava i viaggiatori notturni, rallentava le operazioni di rifornimento all'H.Gr. C e ostacolava l'afflusso di viveri e materiali per le esigenze della popolazione civile.
Pochi aerei, mediamente una dozzina per notte, avevano creato non pochi problemi ai comandi italo-tedeschi, e nell'autore il desiderio di saperne di più.
 
 
STORIA DEL XX SECOLO N. 36 Maggio 1998 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

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